L’olio di Iperico nella tradizione modicana.
La tradizione non è mai data per scontata e non viene dal cielo. Quasi sempre ad un uso e costume di oggi vi è un retroscena ben più profondo di quello che ci si aspetti. E’ il caso dell’uso popolare del Olio di iperico detto anche volgarmente “Uogghiu piricò”. Molti anziani specialmente nei quartieri antichi di Modica, custodiscono gelosamente una bottiglia o un vasetto di una sostanza oleosa rossa, magari poggiata vicino alla finestra, pronta all’uso per ogni bruciatura o ustione. Questa preparazione di olio di oliva e fiori di iperico è presente nella storia della medicina mediterranea da ben duemila anni. Delle Piante Medicinali, non si ha niente di nuovo di cui parlare, per cui sembrerà noioso leggere e soprattutto scrivere delle monografie tecniche che allontaneranno dalla medicina naturale più che avvicinare, perciò cercherò di scrivere sempre con rigor di scienza ma al tempo stesso con libertà quasi narrativa. L’iperico è anche chiamato erba di San Giovanni, in quanto viene raccolta per il giorno della ricorrenza del santo, per il solstizio d’estate intorno al 21 giugno. Data che corrisponde alla fioritura massima dell’iperico, ovvero quando il “tempo balsamico” cioè il tempo in cui la pianta presenta la più grande quantità di olio essenziale prodotto. La pianta come vedremo ha molto a che fare col sole, fra l’altro in maniera a volte contraddittoria, e anche in maniera curiosa. Il nome che il Medico svedese Linneo intorno al 1700 diede a questa pianta (Hipericum perforatum), indica una delle caratteristiche più curiose della foglia, ovvero di essere finemente bucherellata (perforata), cosa che la contraddistingue da altre piante anche in maniera univoca. In realtà il nome “Iperico” non fu dato da Linneo, ma era già presente nel trattato “De Materia Medica di Dioscoride” del VI e VII, secolo. Linneo ha aggiunto nuove descrizioni delle piante e nuove raffigurazioni. Tornando all’Iperico, esso ha assunto diversi nomi volgari: Piricò, erba di San Giovanni, millebuchi, asciroide e androsemo (sangue umano), chiamato così per via del pigmento di colore simile al sangue, contenuto nei peli glandulosi presenti nei sepali e petali. Pigmento ricco di ipericina, che conferisce all’olio il colore rosso. Le proprietà di questo principio sono diverse ma due sono le principali: Normalizzante dell’umore (uso interno) e contro le piaghe, e scottature (uso esterno). Dioscoride riportava l’uso solo come antiulcera e contro le piaghe (uso esterno), e altri usi. Anche nel Pitrè vi è traccia di un uso esterno della pianta sotto forma di olio di Alloro e Iperico, oppure solo di Iperico per le piaghe e ustioni, prova questa che l’uso dell’olio di iperico è arrivato a noi ininterrottamente nel tempo. Vi dirò ora delle particolarità accennate in precedenza. Veniva notato che gli animali che si nutrivano di questa pianta presentavano delle chiazze rosse che scomparivano una volta rientrate in stalla. Questo fece capire che l’iperico è fotosensibilizzante, cioè che sensibilizza la pelle ai raggi del sole. La cosa curiosa è che il suo uso viene da sempre raccomandato per le scottature anche solari. Si intravede dunque una sorta di correlazione omeopatica. Un’altra cosa interessante nella preparazione dell’olio di iperico è che una volta messi a macerare i fiori, il procedimento vuole che il preparato venga messo al sole.